Lo stato dell’arte: rete e letteratura.

Pile of Books

Mi diverto da un po’ a seguire  le discussioni che si svolgono su vari siti letterari italiani presenti in rete, spesso senza intervenire, spinta dalla curiosità di capire se la libertà offerta dal mezzo possa riflettere un panorama più respirabile di quello a cui è stata ridotta la cultura italiana.  Mi sembrava che almeno in rete si manifestasse una vivacità intellettuale che  al di fuori è assente, almeno da noi.  Vivacità che è il frutto di una maggiore libertà di voce, di voci, non mediate dalla stretta mortale delle varie lobbies culturali, gemmazioni delle lobbies politiche, che ingessano  il nostro paese.

L’immobilismo dinosaurico, nella politica, nella vita sociale, nella cultura – insomma ovunque- a cui assistiamo apparentemente impotenti da tempo non è cosa nuova per noi.  E’ un habitus lungamente testato e, nei suoi scopi e risultati, vincente. Un meccanismo bene oliato di cui sarebbe interessante tracciare una storia di taglio antropologico. E’ da sempre la politica che la Chiesa, un’istituzione di dinosauri benedicenti, ha insegnato a un paese che ha l’ha imparata e riprodotta come nessuno.

Come dice Leopardi, agli italiani manca il concetto di “società”, dunque dell’individuo come unico responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte e dell’impatto che quelle azioni e quelle scelte possono avere sul tessuto sociale, che è poi quello in cui egli stesso vive.  Così – pur avendo noi l’immeritata  fama di essere degli individualisti – si rende necessario l’aggregarsi a un qualche gruppo che possa non solo proteggere l’individuo, ma avvalorare la direzione delle posizioni che assume. In realtà, l’individuo conta poco e corre grandi rischi nel muoversi da solo. E’ il vaso di coccio tra vasi di ferro trasportati sul carro traballante. L’elemento estraneo, sospetto, da estromettere perché non disturbi la compattezza del gruppo.

Allora ecco la necessità, iscritta nel DNA di questo paese, delle cricche, delle consorterie, delle conventicole, dei gruppi e dell’idea che tutto, assolutamente tutto debba avere un senso politico e, soprattutto, che tale senso sia quello di una realtà binaria. Un o/o.  Una corsa all’esclusione che genera una serie infinita di inclusioni, di recinzioni ben protette.

Analogamente, risulta impensabile  considerare le cose  in termini di libertà individuale. Essendo la struttura psicologica quella del gruppo chiuso – l’Italia non è mai uscita dalla struttura feudale –  non riesce possibile credere che qualcuno sfugga al giochetto (rassicurante, perché evita la necessità di capire ciò che non si conosce) di ritrovarsi addosso appiccicata un’etichetta di un qualunque tipo. Non c’è straniero che non si meravigli e si capaciti nello scoprire che, in qualunque campo non politico – scienza, letteratura, arte, filosofia, psicologia, meteorologia,  o quel che vi piaccia. – da noi sia necessario bollare con un’etichetta politica l’individuo di cui si parla. E’ di destra o di sinistra? Come se davvero esistesse più una destra o una sinistra. C’è persino chi ancora parla di marxismo… che tenerezza.

Proprio nel paese in cui la politica è la più corrotta, lurida, ostentata  pratica volta solo all’arraffo personale, di tutto il mondo civile, si pretende di ridurre a politica o di ravvisare risvolti politici in ciò che proprio non può o non dovrebbe esserlo.

Certo, che la letteratura sia, come qualunque altro fenomeno culturale, figlia della visione del mondo che la produce e che dunque ne segua i moti e le direzioni, è talmente ovvio da non aver bisogno d’esser detto. E se, le culture si riverberano nelle società, ciò che fa quelle società è anche la direzione politica che le segna. Ma, la politica di un’epoca o di un paese in quell’epoca, è comunque uno degli aspetti di quella data visione del mondo.  In questo senso, essendo i fenomeni culturali frutto delle specifiche visioni del mondo, non c’è aspetto di una società che non sia profondamente connesso a tutti gli altri.  Dunque, i fenomeni culturali, sociali, economici e politici non possono essere considerati isolatamente per essere compresi.

In questo senso, non c’è fenomeno culturale che non sia anche politico, economico, sociale ecc.  Ma non è che la politica ne sia la sola ed esclusiva chiave di lettura, come in molti casi si vorrebbe fare. Mi pare un taglio stalinista.

Così ho imparato da una serie di sedicenti o supposti critici militanti, molto attivi in rete, nelle case editrici e negli atenei, ( o legati tra loro o nemici giurati gli uni degli altri) che la letteratura è e non può che essere politica. Non mi è stato facile capire sempre di che stessero parlando negli infiniti commenti ai loro aggiornatissimi post, perché a un certo punto, tra paroloni, involutissimi periodi sintattici, ripetute citazioni da superatissimi maîtres à penser francesi (ancora di moda solo tra una certa genia di accademici italiani della cosiddetta generazione TQ) e qualche loro epigono americano, mi perdevo come Cappuccetto Rosso nel bosco.

Pare che tra i nostri critici letterari militanti (e che siano militanti lo si capisce dalle bombe carta di cui sono armatissimi) vadano per la maggiore francesi e americani radical-chic come padri ispiratori del pensiero critico. Ignorano – a parte alcune rare eccezioni –  tutto quello che avviene nel resto d’Europa e del mondo. Tanto che Francia e Italia si scambiano il fior fiore dei loro intellettuali e filosofi influenti. Noi ne abbiamo esportata una che, filosofa considerata oltralpe pare mente tra le più influenti non so se di Francia o del mondo, scrive profusamente sulla condizione femminile (e non solo ) in un tripudio dell’ovvio e del qualunquismo rosato degno della migliore rubrica di cuori solitari. Però, essendo comunque donna, non l’ho vista molto citata in questi blog letterari, se non in quelli tenuti da donne d’assalto, molto attive al pari dei loro colleghi maschi.

Se poi tra loro interviene qualche intellettuale (parola  e funzione desueta pare) con le idee più chiare, che usa un linguaggio chiaro e piano e parla di cose concrete usando il buon senso, lo massacrano. Confermando, di fatto, che la critica letteraria da noi, di stampo accademico e non, ben lontana dall’occuparsi di esegesi del testo, o di ermeneutica (usiamo pure, per darci un tono,  un termine che spesso ricorre in questi ambienti) seguita ad essere quella che è stata da un po’ più di un secolo a questa parte: un accapigliarsi dei parenti sul cadavere.

Ma, in tutto questo, il cadavere, la letteratura in Italia dov’è? Ma è chiaro. La Letteratura da noi è il prodotto di una generazione di giovani che vanno dai circa 25 ai 40 o giù di lì anni, (sono prevalentemente maschi, le donne sono in minoranza, come ovunque in Italia)  molto attivi sia in rete che nelle case editrici che su riviste letterarie e sulle rubriche letterarie dei giornali à la page e che sparano a zero sui premi letterari e le supermafie dell’editoria che se li spartiscono,  ma ai quali ambiscono disperatamente.  Infatti, quando li ricevono, non li rifiutano.

La loro attività pubblica è così intensa che non è ben chiaro quando scrivano. E’ vero che quando si legge cosa scrivono si comprende che  il prodotto non richiede molto tempo o lunghe applicazioni. Misurano la propria credibilità e il peso delle loro parole dai libri e dai saggi che hanno pubblicato, come se ciò che gli editori italiani pubblicano non fosse per lo più  il risultato di connessioni e intrallazzi lobbistici. Lo sanno tutti, non è una novità. E’ un tale dato di fatto da essere diventato ormai un tòpos, a discapito di qualche raro editore minore che così non fa.

Dichiarano la morte del romanzo ma scrivono romanzi – o tali sono nella loro intenzione – discutono su cosa sia la poesia – che pare sia diventata una cosa indefinibile – ma scrivono poesie – o tali sono nella loro intenzione, affermano che la critica letteraria non si può più  fare se non in termini di militanza e poi non hanno categorie da usare se non le stesse del passato botulinate e siliconate.

Le donne che scrivono (in Italia il trend è opposto a quello del resto del mondo, poiché le donne pubblicate sono in numero molto inferiore  a quello degli uomini, così come quelle che hanno peso nella cultura) sono o fatte a pezzi, soprattutto se vendono molto, o ignorate, o ammesse nel gruppo se sono delle virago molto aggressive e mascoline e dunque fanno loro paura. (Vedi sopra).

Tutto questo, è ovvio, è frutto dell’impressione generale dello stato dell’arte che mi sono fatta leggendo i blog letterari italiani più in che la rete offre.  Non è un’impressione molto edificante, perché, lungi dall’essere usata come spazio di una maggiore libertà e creatività, la rete tende a riprodurre, in questi blog, gli stessi meccanismi che si trovano al di  fuori: aggregazioni, gruppi, sette, conventicole, esclusioni, odi e invidie, rivalità, esibizione di erudizione datata e modaiola allo stesso tempo. Insomma,   un grigiore.

Non è tutto così grigio e squallido.  Le voci libere sono moltissime e alcune davvero interessanti.  Ma è strano che lo sia nei blog letterari che – così loro sostengono – hanno un’autorevolezza maggiore.  Tuttavia il meglio non è dove è più facile vederlo. I diamanti si trovano ben nascosti sotto terra. Bisogna scavare.

(C)by Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA

24 commenti (+aggiungi il tuo?)

  1. Fiorella D'Errico
    Nov 07, 2011 @ 10:10:14

    Una voce chiara, la tua, Francesca; una disamina molto lucida. Condivido sul mio blog . Grazie.

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  2. Trackback: Riflessioni « Passaggi d'anime
  3. Francesca
    Nov 07, 2011 @ 10:54:30

    Grazie Fiorella. Non so se qualcuno concorderà con il tuo giudizio…. io ho cercato, da osservatrice esterna, di farmi un’idea di quanto accade. E’ ovviamente un’impressione molto generale e come tale passibile di modifiche, anche se non sostanziali. Sono giochi che conosco da sempre, da molto prima che quasi tutti i protagonisti nascessero, ecco perché mi è stato possibile individuarli.

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  4. divadellecurve
    Nov 07, 2011 @ 11:29:53

    non potevi dirlo meglio… e questo accade a 360 gradi in italia, potresti applicarlo alla musica (colta e non) e calzerebbe a pennello…

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    • Francesca
      Nov 07, 2011 @ 11:37:30

      Grazie diva. In realtà tutto si può dire meglio, io ho cercato di rendere un’impressione molto generale in un campo molto specifico. Ma, come dici tu, si può applicare alla musica, alle arti, al mondo accademico e a molte altre cose. E’ triste che sia così, anche perché, se il paese non trova la sua strada verso l’uscita, il motivo è proprio questo immobilismo megalitico che pare paralizzare uomini e cose. I giochi di potere, se son tirati fino all’ultima conseguenza, prima o poi finiscono per distruggere giocatori e pedine

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  5. divadellecurve
    Nov 07, 2011 @ 11:35:32

    aggiungo che questa tendenza sbagliata all’uso della rete (come non fosse disgiunta dagli altri mezzi di comunicazione e controllata come questi ultimi) la noto nei forum di vari livelli e argomenti. All’estero, per anni ho frequentato blog dove si ispiravano le persone a dire la loro, a discutere in maniera sana, a dare il loro contributo , a condividere, senza giudizi e senza accapigliarsi. In Italia ho visto solo lo scempio della netiquette… o l’anarchia totale dove ognuno combatteva a suon di flaming o strapotere di moderatori che non ti facevano fiatare se non come dicevano loro… tutte cose contrarie allo spirito libero della rete che dovrebbe essere guidato solo dal buon senso e dall’umiltà. Dire la propria- sulla rete in Italia- equivale a offendere qualcuno. Questo uccide il talento, l’opinione e l’iniziativa individuale. E ci si chiede perché in Italia la cultura è morta…

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  6. Francesca
    Nov 07, 2011 @ 11:41:23

    Ti do ragione in pieno. In nessuno dei blog, letterari e non, che frequento all’estero, ho assistito alle lotte all’ultimo sangue, alle ingiurie e alle fumosità che vedo da noi. Oltre al buon senso e all’umiltà, io aggiungerei che manca l’educazione, ma abbonda l’aggressività. Pare che si debba urlare anche per dire le cose più semplici.

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  7. divadellecurve
    Nov 07, 2011 @ 11:46:24

    sì, assomiglia un po’ tutto ai programmi della De Filippi hahah

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  8. Francesca
    Nov 07, 2011 @ 11:47:31

    Vero! O Sgarbi che urla: capracapracapracapracapra!

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  9. CAROLINA
    Nov 09, 2011 @ 11:00:18

    Una volta scrivevo per un blog che si occupava di editoria. Era militante ma, speravo, come un’illusa, di poter avere spazio anche nella mia diversità. Me ne sono andata nauseata dai paraocchi di questo militantismo arcaico, basato su tesi sorpassate, politiche, comunque. Bellissimo articolo, merita davvero!

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  10. CAROLINA
    Nov 09, 2011 @ 14:41:47

    TI ho risposto da me. Grazie e rinnovo la mia disponibilità.

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  11. Francesca
    Nov 09, 2011 @ 15:01:40

    Già, chi ha toccato con mano gli aspetti di quest gioco perverso sa che quello che ho scritto è in realtà all’acqua di rose. La cosa bizzarra è che questa gente, che invece ha ampio spazio e detta il bello e il cattivo tempo in una serie di case editrici e riviste letterarie e anche sui quotidiani, si lamenti poi del fatto di non avere visibilità.
    Posto una fantastica intervista fatta per NI alla notissima traduttrice francese Nathalie Bauer, che conosce benissimo e in modo obiettivo come vanno le cose da noi e non ha peli sulla lingua.

    Dialogo di Giacomo Sartori con la traduttrice Nathalie Bauer

    Leggi cosa dice dei nostri “giovani autori” d’assalto che qui tanto si beano di essere “scrittori”:
    “In generale appunto la narrativa detta “giovane” mi sembra difficilmente esportabile, perché si basa su fenomeni di moda e su codici di vario tipo, i quali non hanno equivalente in un altro paese. Ma non bisogna dimenticare che il successo di un libro non dipende, purtroppo, solamente dal suo valore, ma anche dal lavoro della casa editrice che lo pubblica, cosa che rende le vendite un criterio molto relativo. In Francia c’è stata una vera e propria moda degli italiani negli anni ottanta, dopo il successo del Nome della rosa di Eco e in occasione del Salon du Livre dedicato all’Italia. Si è allora tradotto e pubblicato senza molto discernimento, e ne è risultato un sentimento di confusione sia tra gli editori che tra i lettori, e spesso una delusione di entrambi. Da cui forse l’attuale ripiego, e la tendenza a fidarsi più volentieri dei numeri delle vendite.”
    Capito?

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  12. CAROLINA
    Nov 09, 2011 @ 16:26:51

    Noi non abbiamo letteratura al momento. Nemmeno le penne “d’autore” (leggi di partito) si possono definire tali. Ho recensito molti romanzi di autori emergenti per uno blog di critica letteraria: imbarazzanti nella maggior parte dei casi. Mancanti, quasi tutti. Senza sostanza. Molti autori che chiedevano recensioni dicevano che avevano pubblicato solo e soltanto per..fare qualcosa. Non per interesse letterario.
    Una volta scrissi una recensione negativa per un libro e venni diffamata pubblicamente. Le illazioni sono ancora visibili sul sito. Inutile dire che mi sono immediatamente tolta dalla redazione, visto l’assenza di tutela. Il romanzo era inetto. Mi chiedo come sia stato possibile che un editore abbia deciso di pubblicarlo. Ho realizzato diverse interviste agli editori: ho smesso perché troppe volte ho scoperto le bugie che hanno detto e troppe volte la verità è stata portata dai veri collaboratori e lettori che hanno puntualmente sbugiardato l’editore in via pubblica, privata e con le chiavi di ricerca.
    Ora leggo l’intervista che mi consigli.

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  13. Francesca
    Nov 09, 2011 @ 18:35:55

    Io ho una serie di storie incredibili e vergognose da raccontare sugli editori con cui ho collaborato…. non solo l’arroganza, ma la malafede e anche comportamenti da denuncia. Parlo di editori di nome tale che il pubblico non immaginerebbe cose di tanta miseria umana. E non sono certo l’ultima arrivata né una sconosciuta. So che alcuni nascondono la vera entità delle vendite a autori best sellers stranieri, so di come funziona per amicizie e cricche la decisione di cosa e chi pubblicare. Dunque ecco che si pubblicano degli obbrobri improponibili.

    Che vuoi, viviamo in un paese dove sono stati già tolti alcuni diritti costituzionali e dove c’è una grande attenzione a incentivare la corruzione e l’ignoranza. Sai come diceva Epicuro, no? Il saggio vive nascostamente. Quando questa è la società, non c’è che rifiutarla.
    Prendi Andrea Zanzotto. Pochissima l’attenzione che gli prestavano in vita, sfruttato da tutti quelli che lo hanno avvicinato, specie negli ultimi anni per usarlo, e poi, alla fine, ecco che tutti, ma proprio tutti, a inneggiare al genio. Meglio ancora dopo che è morto.

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  14. Paolo Statuti
    Gen 04, 2012 @ 15:08:05

    Cara Francesca, leggendo il tuo articolo mi è venuto in mente l’esilarante racconto di Buzzati “Il critico d’arte”. Inoltre, avendo due nipotine di 10 e 13 anni che ogni tanto aiuto via e-mail a fare i compiti d’italiano, ascoltanto la Tv italiana, leggendo i giornali italiani, mi sono accorto del degrado della nostra bella lingua. Mi piacerebbe leggere un tuo articolo su questo argomento. Grazie. Ciao. Paolo

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  15. Francesca
    Gen 04, 2012 @ 19:05:57

    Già, davvero Paolo, bellissimo quel racconto e grande Buzzati.
    In realtà il degrado non è solo della cultura italiana, è un po’ di tutto l’Occidente. Mi sto godendo con immenso piacere (se un tale termine si può usare per scritti tanto profondi) alcune cose di Elémire Zolla, il grande eretico della cultura italiana del 900, uno tra gli intellettuali di più vasto respiro, di cultura oceanica e di universalità di visione che l’Italia abbia avuto. il Grande Isolato, perché lontano da ogni “modernismo” e allineamento. Un altro di quei grandi outsider che la cultura italiana ha coperto di silenzio. Eppure il suo è un silenzio che grida e si ode limpidissimo al di sopra di questo confuso frastuono. Te ne consiglio la lettura o rilettura e la visita all’AIREZ di cui trovi il link tra i miei blog.
    Grazie a te

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  16. helios2012
    Mag 30, 2013 @ 11:05:24

    Sono capitata in questa pagina del 2011 casualmente tramite una ricerca differente fatta su Google…e leggendo mi sono soffermata su alcune tue dichiarazioni che condivido in pieno. Se avessi chiamato questa pagina anche : Lo stato dell’arte : rete e arti visive…..non sarebbe cambiato poi molto 🙂

    Volevo rebloggare (si dice ?) questo tuo articolo, ma anche se è permesso come funzione su wordpress preferisco prima chiedertelo.

    Ciao….e complimenti per la tua vasta cultura cosa che io non ho.

    La mia cultura (sempre si possa definire così…) è di empatia 🙂

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  17. Francesca
    Mag 30, 2013 @ 11:30:06

    Grazie del commento interessante. Sì, sarebbe stato lo stesso se a letteratura si fosse sostituita la parola “arte”. Non cambia nulla. Infatti è dell’andamento generale della cultura che parlo. Se vuoi ribloggare il mio articolo va benissimo, solo che non so su che blog, perché cliccando sul tuo nick non risulta nulla. Quindi ti sarei grata se volessi indicarmi il blog prima o fare in modo che ci si possa arrivare dalla tua firma.
    E grazie mille per le parole di apprezzamento!

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  18. helios2012
    Mag 30, 2013 @ 16:31:02

    Questa è una novità…:) Sparito il link su wordpress alla mia pagina a pagamento di viirgilio che ho da anni e se non me lo comunicavi tu non me ne sarei mai accorta.
    Ho fatto una ricerca su Google e appare il mio sito personale , mi domando perchè sia sparito il link da wordpress

    http://xoomer.virgilio.it/sehis/

    questo è il mio link di wordpress http://poesiaincodice.wordpress.com/

    Per cortesia mi fai sapere se vedi il mio sito personale?

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  19. helios2012
    Mag 30, 2013 @ 16:44:37

    Grazie anche della risposta. Sempre più curioso il web sembra di stare dentro il cappello di un prestigiatore bizzarro che ti fa apparire e sparire secondo le sue necessità- Misteri inspiegabili (!)

    Buona giornata.

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  20. helios2012
    Mag 30, 2013 @ 16:47:21

    L’ha ribloggato su poesiaincodice.

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