LO STUPORE
Lava che ribollendo brucia ustiona
Non cauterio salvifico ma piaghe
Salnitro amaro che s’incista
A mezzo dentro il ventre
A scisti a scavare latomie
Tenebrosi cunicoli di rabbia
Rauca cacofonia dall’occhio insonne –
Contemplo la rovina col distacco
Del perdono – che è un bel vincer di guerra
E’ l’aurea regola che nutre
Pianure late immemori orizzonti –
Le pietre gridano nomi dalle tombe
Il suono stride nella coclea
Erode immagini vacilla –
E’ lo stupore il segno che delimita
La corrosione – sanatore munifico –
Sottrae la grevità dissolve zolle
Tettoniche s’infiltra come vento
Tra le lenzuola stese
Cancellando il corrotto fetore dell’assenza
Di anime perdute
E lo metamorfizza in vapori vibratili
Lievi e veloci come sguardo angelico
Come pulviscolo di ali di farfalla –
Benedetto sia tu stupore aereo
Per la tua leggerezza di guerriero
Fedele baluardo alla morte seconda –
(C)2014 by Francesca Diano TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Qui letta su youtube da Valter Zanardi
giorgio linguaglossa
Feb 13, 2014 @ 13:04:08
cara Diano,
sai che sono alieno dalle lusinghe ma questa tua poesia mi ha causato stupore, stupore per l’arditezza della composizione dove hai messo tutta la tua abilità e perizia linguistiche ma anche il sangue, la ferita dell’esistenza, le ustioni, il coraggio, la capacità di adottare lo shifter, gli straniamenti del discorso, intendo la capacità di imboccare improvvisamente le direzioni laterali del discorso per poi ritornare sulla strada maestra del discorso. È questo che fa la differenza, questa capacità di saper sterzare con perizia e audacia il volante della composizione, un po’ a zig zag, per vie laterali e centrali, spiazzando e sorprendendo il lettore. E questa è senz’altro una qualità intrinseca della poesia di alto profilo.
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Francesca
Feb 13, 2014 @ 19:33:47
Proprio perché ti so così alieno dalle lusinghe, quello che hai scritto mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena… davvero. E la cosa che mi ha più colpito, nelle tue parole, è l’aver colto in me questa, che forse è una lezione che ho appreso dalla vita: il cercare strade alternative, vie traverse, ingegnandomi a capire come ripartire sempre di nuovo alla ricerca di una possibile soluzione che limiti, per quanto possibile, i danni. Questo testo è nato di recente in un gazebo di legno, che è diventato – per i motivi che sai – un mio quotidiano rifugio. Vedendo – una sera – gocce di pioggia sospese sulle foglie di un piccolo ulivo. E tutto quello che in quel momento mi ingombrava il cuore è scomparso di fronte allo stupore di quella grazia sospesa. Ed è stata la felicità di sapermi ancora stupire che mi ha fatto capire come questa grazia dello stupore sia il nepente che scioglie le gravezze, dissolve i pesi, dirompe come il vento profumato fra le lenzuola stese.
Guardando, davvero con distacco, agli effetti mortali dell’odio e della follia distruttiva, mi accorgo che, solo grazie al perdono, si apre poi la strada a questo ospite aereo e leggero che è lo stupore.
Grazie Giorgio, grazie per le tue parole.
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Curzio Vivarelli
Mar 03, 2014 @ 00:05:00
cara Francesca ho l’internet rotto da tempo. ma non dimentico la tua pagina. sto ultimando uno scritto sull’endiadi forma ed evento e turbinano idee che fatico a condensare in brevi capoversi. ma ciò è necessario. un saluto cordiale e beneaugurale da Curzio.
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Francesca
Mar 03, 2014 @ 00:08:38
Grazie Curzio per la tua presenza qui
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