Domenico Colao (Vibo Valentia 1881 – Roma 1943)
Carlo Diano, nato il 16 febbraio 1902 scrisse questa poesia intorno al 1919-20 e la pubblicò poi nell’unica raccolta poetica da lui data alle stampe in vita, L’acqua del tempo, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, 1933.
A differenza di quanto, pur così giovane temeva, e cioè che “la mia voce non lasci / eco alcuna nel mondo”, la sua voce è ancora presente e la sua eco risuona.
Domenico Colao, allievo di Fattori e grande pittore della sua terra, fu legato da profonda amicizia a Carlo Diano, tanto che fece un magnifico ritratto alla madre Caterina e gli donò un dipinto in cui ritraeva una scena di contadini calabresi sull’aia, soggetto che torna spesso nella sua pittura.
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Dispogliato è il giardino di foglie
ma in tanta luce di sole
ha brividi occulti, speranze
d’un nuovo fiorire.
Quando verrà primavera
torneranno ancora sui rami
le roride gemme
e la fragrante vita;
così, così a ogni volgere d’anno.
Ma tu mio povero cuore,
chi sa quando venga la morte,
se palpiterai più
sotto la terra,
come il seme attendendo
novella primavera.
Chi sa che la tua stagione
sia unica al mondo
e, compiuta una volta,
non ritorni mai più.
Perché non posso capire
com’è che il mio sguardo insaziato
si spenga per sempre,
e la mia voce non lasci
eco alcuna nel mondo,
e una speranza più forte
d’ogni pensiero mi tiene
che anche “il sogno d’un’ombra”[1]
non passi mai più.
[1] “Sogno di un’ombra è l’uomo”. Sono le parole del verso di Pindaro, Pitica VIII, che Leopardi cita nello Zibaldone. (F. D.)
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