IL BUSINESS HARRY POTTER

Pochi giorni fa è uscito – di notte, contemporaneamente in varie librerie di tutto il mondo – l’ultimo capitolo della saga di Harry Potter. Evidentemente l’autrice, stanca di dover trascinare la storia della sua creatura, ha pensato di mettere la parola fine alla milionaria (in sterline) avventura, che l’ha resa una delle donne più ricche del mondo e ha versato fiumi di denaro nelle casse di tutte le case editrici – quella britannica e quelle straniere – in quelle degli attori e del regista dei film che ne sono stati tratti.

Di Harry Potter e della sua autrice si è parlato anche troppo e ciascuno ha detto la sua e non sarebbe il caso di aggiungere altro. Però io sono una traduttrice letteraria e vi sono alcuni aspetti che mi colpiscono non poco. Prima di tutto il fatto – davvero assurdo, oltre che ridicolo – che si metta in vendita il libro in lingua originale in Italia, dove nonostante tutti dicano di conoscere l’inglese, sono davvero pochi coloro che sono in grado di leggere un intero libro in quella lingua. Non parliamo poi del fatto che a leggerlo dovrebbero essere bambini e adolescenti, dato che non va dimenticato che si tratta di letteratura per ragazzi.

E i ragazzi italiani sarebbero in grado di leggere centinaia di pagine in un inglese complesso e a volte un po’ barocco??? Ne dubito fortemente, dato che il livello di apprendimento nella scuola non è proprio elevatissimo e so quel che dico. Un alunno delle superiori, alla fine del percorso scolastico, mastica a malapena un po’ di inglese parlato. Parlo in generale, s’intende. Rimandiamo ad altro momento il discorso sul perché sia così. Ma è un fatto. Pessima pronuncia, che per l’inglese è fondamentale per essere capiti, scarsa conoscenza della lingua parlata, poca pratica, insegnanti che spesso insegnano una pronuncia che conoscono poco ecc.

Dunque l’acquisto del volume in lingua originale può solo essere un atto di snobismo, anche perché poi si acquista quello in traduzione. Ovvio, se ci si vuol capire qualcosa.

Ma mi chiedo anche che senso abbia questo grottesco battage per far acquistare il libro in inglese. Per raddoppiare le vendite? I libri di Harry Potter sono carini, certo, ma nulla di più. La letteratura inglese per ragazzi ha una lunga e antica tradizione, a cominciare da quel capolavoro assoluto che è Peter Pan, di Barrie e poi i due libri di Alice e The Waterlilies, che è un classico e poco conosciuto da noi e poi i 4 volumi di Mary Poppins, ben lontani dalla melensa versione cinematografica. Questi solo per fare pochi esempi famosi.

La fortuna di un libro è qualcosa di misterioso, ma oggi in genere è solo frutto di operazioni di marketing molto ben orchestrate. Si punta su un’opera e la si reclamizza allo spasimo. Anche solo per curiosità la gente la compra. Ci si costruisce sopra una mitologia, si pubblicano ovunque articoli, interviste, recensioni, insomma, la si mette almeno una volta al giorno su quotidiani, tv, riviste, radio e la gente si sente in dovere di comprarla.

So che quello che dico non sarà molto popolare, ma da sempre tengo a guardare le cose in modo il più possibile obiettivo. Lavoro da decenni nell’editoria e di questi fenomeni ne ho visti molti.

In ogni caso il battage che serve a vendere l’ultimo libro, dopo il quale (si spera) non ve ne saranno altri (la Rowling avrebbe smesso prima di scrivere di un personaggio che ormai l’ha intrappolata in uno schema di cui è difficile liberarsi, ma gli editori non lasciano andare una simile gallina dalle uova d’oro e hanno fatto pressione perché ci fosse ancora un seguito) quel battage, dicevo, ha prodotto delle curiose situazioni.

 Pare che sul web siano uscite delle traduzioni di alcuni capitoli e che anzi era nato un progetto di tradurre il libro in italiano in modo indipendente. Ovviamente la casa editrice Salani ha minacciato querela e fatto chiudere il sito. E giustamente perché, anche se chi con leggerezza si è messo a tradurre non lo sa, non si possono per legge violare i diritti d’autore, nemmeno con una traduzione non autorizzata. La Salani, come tutti gli editori che pubblicano libri in traduzione, paga per avere il diritto di traduzione (pessima traduzione, con molti errori, ma comunque autorizzata dall’editore inglese) e dunque nessuno può diffondere una traduzione non autorizzata legalmente.

In Italia la legge sul diritto d’autore prevede che i diritti appartengano all’autore e in seguito ai suoi eredi fino a 70 anni dopo la morte dell’autore e solo loro hanno il diritto di pubblicazione, traduzione, diffusione ecc. del testo.

 Non  si vede perché questi signori del sito su cui si pubblicava una traduzione non autorizzata non si siano informati prima se violavano o meno la legge.

 Però vorrei fare una riflessione sull’accaduto. A parte l’ignoranza in materia di copyright, che comunque non è giustificabile, di chi è la colpa di essere arrivati a tanto? Si domandi l’editore, che per avidità mette in commercio nel mondo l’opera in lingua originale, in modo da guadagnare due volte, prima così e poi con le traduzioni, dato che è un testo difficile da leggere in originale se non si conosce molto bene l’inglese, si domandi se non fomenta in qualche modo questa pratica e, dato che la capacità di leggere un simile ponderoso volume in inglese non credo appartenga a tutti i ragazzi chel’hanno comprato a mezzanotte facendo la fila, e non vi pare che ci sia in tutto questo un velo di sudditanza culturale?