Sono lieta di annunciare che questo articolo inaugura la collaborazione fissa del mio blog con l’indologa e studiosa di musica classica e semiclassica indiana, Marged Trumper, italo-gallese, una raffinata e profonda conoscitrice della lingua hindi, della cultura e della musica dell’India, studiosa del Benares Gharana, oltre ad essere un’apprezzata interprete del genere vocale thumri.
Quanto è scritto in questo articolo è il risultato originale delle sue ricerche e dei suoi studi e non si trova altrove.
F.D.
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Ieri era l’inizio del calendario lunare indù e cadeva la festa tradizionale nord-indiana nota come festa dei colori, o anche ‘Carnevale indiano’, la Holi. Questo articolo vuole approfondire il significato e l’origine di questa festività, che viene comunemente presentata come ‘la celebrazione della vincita del bene sul male’, una spiegazione riproposta solitamente per tutte le antiche feste tradizionali indiane. La Holi è forse, tra le festività indiane più popolari, quella di origine più arcaica e attualmente viene soprattutto festeggiata il secondo giorno con gavettoni e battaglie a colpi di polveri e acqua colorate, consumo di alcol e altre bevande intossicanti come la bhang (succo di cannabis) e gran scompiglio, tanto che molti indiani preferiscono passarla in casa. La Holi è, infatti, una di quelle celebrazioni di natura dionisiaca in cui la gente ha modo di sovvertire l’ordine sociale per un breve tempo e sfogare gli istinti primordiali. In una società repressa e profondamente patriarcale come quella indiana questo fa della Holi una bomba a orologeria che però mantiene nei festeggiamenti familiari i suoi aspetti positivi e gioiosi.
Bisogna fare riferimento al suo nome per sapere quali sono la vera origine e il significato di questa festa, che ogni anno cambia data e viene fissata l’ultimo giorno della quindicina chiara del mese lunare di phāgun (sanscrito phālguna) e il primo del mese di cait (sanscrito caitra), tra febbraio e marzo, proprio l’ultimo e il primo giorno del calendario tradizionale. Probabilmente il termine holī è riconducibile al sanscrito holaka, un legume semimaturo cotto sul fuoco o al pracrito holā, cece verde, o grano arrostito nel fuoco sacro. Altro vocabolo connesso a questo termine è certamente il sanscrito holāka, sauna o bagno di vapore curativo. Infatti pochi sanno che la Holi è prima di tutto una festa del fuoco, con caratteristiche simili a molte altre che si ritrovano nelle civiltà arcaiche di tutto il mondo (per citarne alcune la versione popolare dell’Epifania e la celtica Beltaìne) e la festa del nuovo anno, della propiziazione della salute e del rinnovo del raccolto e quindi una festa di fertilità.
La celebrazione originaria, che ancora accade nelle zone rurali, si incentra, infatti, sul falò della notte precedente alla festa dei colori, che è chiamato holikādahan (falò della demonessa Holika). Questa usanza viene ricollegata al mito puranico che narra del re del Multan Hiranyakashipu, presentato come un demone che si oppone al culto visnuita rappresentato, invece, dal giovane figlio Prahlad. Per trionfare sul giovane, il demone chiede alla propria sorella Holika di farlo passare attraverso il fuoco con un mantello ignifugo, ma di lasciarlo ardere con l’inganno. Quando il piano viene messo in atto, il mito vuole che Vishnu intervenga per salvare il suo devoto facendo bruciare al suo posto la demonessa, il cui falò è rappresentato da quello della Holi. Nella pira tradizionale, infatti, viene arso un pupazzo di donna che ne tiene uno maschile più piccolo in braccio (un esempio vero e proprio di cosiddetta venere kurotrophos, così come lo è nell’iconografia la Madonna cristiana).
Rileggendo, infatti, il racconto puranico con occhio antropologico, è chiara la rappresentazione del nuovo culto che trionfa su quello precedente rappresentato da divinità locali retrocesse a ‘demoni’ e che vengono celebrate, però, ancora nel rito arcaico della Holi. Volendo trovare un parallelo in altri miti arcaici del mondo, che possono aiutarci a comprendere la natura e il ruolo di queste divinità antiche, si delinea un altro tema ricorrente, ovvero quello della triade Generatrice, Dio-padre e figlio che passa attraverso la morte e la rinascita, alla base di diversi culti che hanno elaborato una loro teoria di rinascita o resurrezione spesso in parallelo con la rappresentazione del grano che rinasce con il nuovo raccolto. Nella Holi è chiaro, infatti, anche il culto contadino del grano, tanto che in area rurale la sera di Holi è chiamata ‘festa contadina’ o ‘sacrificio del nuovo raccolto’.
Per capire come si è passati a considerarla una celebrazione della salute e poi dei colori, bisogna osservare nuovamente il rito del falò in cui tradizionalmente viene raccolta la cenere da spargere come concime propiziatorio sui campi e, di conseguenza, anche sul corpo dei bambini per rinvigorirli, probabilmente anche in ricordo di cure ayurvediche della sudorazione e dell’uso di erbe curative in polvere, o addirittura del cospargimento del sangue sacrificale rinvigorente su bambini in riti primordiali.
Proprio questo uso di ceneri, polveri e unguenti ha con tutta probabilità portato più recentemente alla festa che conosciamo oggi, nella quale il colore che porta la vita e la gioia la fa da padrone. C’è da notare che i colori chimici che vengono spesso usati nella festa indiana causano più spesso problemi alla salute che altro, per questo oggi si sta tornando anche in India alle polveri colorate naturali.
Uno degli aspetti più tipici della Holi è sicuramente la musica, il tema di questa festa si ritrova infatti dalla musica folk a quella semiclassica e classica fino a Bollywood. I protagonisti più tipici di questi canti sono le divinità Radha e Krishna, la coppia amorosa per eccellenza, diventata centrale per questa festività da un certo punto in poi, che, essendo molto sensuale nel suo gioco spensierato, è anche considerata molto romantica. Probabilmente, infatti, Krishna ha sostiuito il ruolo di Madan o Kamadev, il Cupido indù, nella Holi. Addirittura in alcuni luoghi è lo stesso Kamadev che viene arso nel falò ed entrambi Krishna e Kamadev inglobano gli aspetti di antichi culti di fertilità. Fatto sta che nel Braj, patria mitica di Krishna, la Holi viene ancora festeggiata per molti giorni.
La mia maestra Sunanda Sharma canta questa tipica composizione in stile thumri in cui Radha si lamenta con Krishna del fatto che grazie a lui la sua reputazione nella terra del Braj si è rovinata per il suo modo di giocare alla holi
Ed ecco, invece, una holi tipica di Benares in cui Radha vuole riempire Krishna di male parole perché semina confusione ovunque, sempre cantata da Sunanda Sharma
(C) 2016 by Marged Trumper RIPRODUZIONE RISERVATA
Marged Trumper è un’indologa laureata con una tesi sulla musica semiclassica indiana. Ha insegnato hindi presso l’Università Statale di Milano. Studia da oltre 15 anni musica classica e semicalssica indiana con Smti Sunanda Sharma e la leggendaria Padma Vibhushan Smti Girija Devi
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