Solstizio d’inverno

 

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È sempre l’irruzione dell’evento

non annunciato l’abbaglio

della raggiunta pace l’immobile

che non sa d’essere attesa.

 

Disrupting clay walls

shattering to pieces

frail bulwarks

laboriously erected.

And now what?

 

E più spessa la creta

e più assordante

il fragore del suo crollo.

Non ha difesa il nucleo

di fronte all’invasione

del condottiero.

 

 

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Convergere di mari

di ferite semisanate

correnti miscelate

di sangue non rappreso.

Lì collisione arsura

d’ansia lì è nodo il fulgore

che temo non desidero

che ardo di provare

per divenire pulsar.

 

Celati  nei silenzi

bastioni alle parole

frecce infocate accese

mai mancano il bersaglio.

Leggere il vuoto

colmare l’assenza

col silenzio del volto

col bagliore del senza.

Perché non prima o mai?

 

Craving for needs

denied  needs

to build new walls

of tenderness and will.

And now what?

 

Ora è pasto la sete

la fiamma che riaccende

acqua che non si spegne

in cenere silente nel trionfo

del non ardere. Sfera

d’annientamento non c’è

sussulto atto a contenere

l’origine né giochi ad armi pari

come fu nei tuoi giorni

come nei miei il ritorno.

 

 

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Ogni grazia è un addio

un gesto d’abbandono

volto a sé stessi all’umidore

delle cose – costanza

del danzare lievi sul filo

che unisce ardore d’acqua

e fluire di fiamma.

 

 

 

Francesca Diano

 

(C)2016 by Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA