Il ministro Tanassi e Tutankhamun

La prossima mostra di Tutankhamun che si terrà a Venezia in autunno per celebrare i 100 anni della scoperta, mi ha fatto ripensare alla magnifica mostra di Londra del 1972 che ebbi la fortuna di visitare. Ma, è da dire, in bizzarre circostanze.

La Londra del 1972 – una Londra ormai entrata nell’immaginario collettivo come la swinging London – fu travolta da un’ondata di rinnovata passione per l’Egitto grazie alla grandiosa mostra dedicata al faraone Tuthankhamun – The Treasures of Tuthankhamun – che si tenne al British Museum per celebrare i 50 anni della sua scoperta.
Fu la prima volta che tanti reperti – ben 50 – uscirono dall’Egitto per mostrare al mondo il lascito glorioso del faraone bambino, e vi figurava persino la Stele di Rosetta, la stele che aveva permesso a Champollion di decifrare il mistero dei geroglifici.
A quell’epoca vivevo a Londra, dove, subito dopo la laurea, ero andata ad abitare e lavoravo come assistente alla collezione fotografica del Courtauld Insitute e insegnavo Storia dell’Arte Italiana all’Istituto Italiano di Cultura.
Tutta la vicenda della spedizione e della scoperta di Howard Carter e di Lord Carnarvon mi era ben nota fin da bambina, grazie a una pubblicazione dell’epoca che documentava l’intera serie di circostanze con dovizia di foto originali, che mio padre possedeva e che non finivo di guardare e riguardare.
Ci si può immaginare quindi con che entusiasmo ed emozione accolsi la notizia. Ma c’era un neo: per entrare era necessario fare una fila di almeno 6 ore e così fu per tutti i 6 mesi della mostra, che ebbe 1.700.000 visitatori.


Fu dunque un caso davvero fortunato che l’Ambasciata italiana mi chiedesse di fare da guida al ministro della Difesa Mario Tanassi e al suo entourage, che in quei giorni si trovava a Londra per una qualche occasione ufficiale.
La telefonata per organizzare la visita mi arrivò al Courtauld e l’attaché mi disse che la visita era fissata due giorni dopo alle 15. Mi disse anche che il ministro, il suo entorurage e alcune persone dell’Ambasciata sarebbero prima andati a pranzo da Carlo’s, un famosissimo e costosissimo ristorante italiano e mi chiese di recarmi lì, ad aspettare che finissero e poi recarmi con loro al British Museum.
Io ero molto giovane, ma francamente la mia dignità mi impediva di aspettare che questi tizi finissero di mangiare, come io fossi un lacchè e risposi che li avrei invece incontrati alle 15 all’ingresso del Museo.
Devo dire che saltai con immensa soddisfazione le centinaia di persone in fila, salii la gradinata e alle 15 in punto ero sotto il grande pronao.
Dopo poco arrivò anche il direttore del Museo, che veniva a porgere un breve saluto al ministro straniero.
Passava il tempo e nessuno si vedeva. Col trascorrere dei minuti, Sir John Wolfenden, il direttore, aveva un’aria sempre più seccata. Vale a dire che si irrigidiva sempre più. C’è da dire che chi ricopre la carica di direttore di un’istituzione come il British Museum, gode di un’enorme autorità e autorevolezza e non può perdere tempo con un qualche ministrucolo di un qualche staterello di secondaria importanza. Non che i suoi tratti impassibili mostrassero il disappunto, ma gli occhi socchiusi lasciavano intravedere un disdegno del tutto muto.
Finalmente, alle 15.20, ecco arrivare quattro macchinoni neri dell’Ambasciata, con tanto di bandierine, da cui cominciarono a uscire il ministro, la moglie, e il personale dell’Ambasciata con mogli a seguito.
Sir John andò incontro al ministro, gli strinse frettolosamente la mano e se ne andò.
Io mi presentai, strinsi le mani a tutti e ci avviammo. Rimasi un po’ interdetta e divertita nel vedere tutte le signore vestite con abiti da sera, coperti di lustrini, parate di gioielli come fossero a un ricevimento, un abbigliamento un po’ fuori luogo data l’ora. Anche gli uomini indossavano abiti molto formali, qualcuno esibiva medaglieri, onorificenze, mancavano solo le feluche. Il tutto aveva un sapore vagamente felliniano.
Mentre entravamo, uno dei signori dell’Ambasciata mi si avvicinò e mi chiese sottovoce di acquistare delle copie del catalogo (che di suo era costoso) e di distribuirle, ché poi mi avrebbero rimborsato. E come no?
A parte che io ero una poco più che ventenne squattrinata, di sicuro non avevo tutti quei soldi dietro e inoltre conoscevo bene i miei connazionali per sapere che non li avrei mai rivisti.
Ma poi, che razza di richiesta era? Li comprassero loro.
Comunque, l’allestimento della mostra era magnifico. L’ingresso era stato allestito come una mastaba, tutta in ombra, con solo qualche luce fioca, per riprodurre l’atmosfera originale.
Appena la vide, la moglie del ministro cominciò a dire: <<Oddio, oddio, io soffro di claustrofobia, sbrighiamoci, sbrighiamoci!>> e tutti affrettarono il passo.
Comunque la visita proseguì. Io, che avevo visto mille volte le foto di quegli oggetti, li ammiravo ora con il batticuore dal vivo, ma non descriverò le emozioni che provai. Soprattutto di fronte alla cuffietta e ai guantini del faraone neonato, che parlavano della tenerezza e intimità del gesto di chi li aveva deposti insieme a tutti gli altri tesori.
Mentre descrivevo la storia, le funzioni dei reperti, la loro bellezza, di fronte a delle sedie e a un tavolino magnificamente intarsiati, la moglie del ministro, per un attimo dimentica della sua claustrofobia, esclamò: <<Che ne dici caro, non sarebbe bellissimo se potessimo metterli in casa?>> Io la guardai allibita, ma poi rimasi davvero a bocca aperta e senza parole quando il ministro osservò: <<Ma no, cara, stonerebbero. Il nostro arredamento è tutto Luigi XV!>>
<<Hai ragione caro>>, convenne la signora.
E io pensai: ma questi sono fuori dal mondo… cioè, ma davvero?


Comunque poi, alla fine, delle signore dell’Ambasciata mi ringraziarono, dicendo che ero stata bravissima, che ero molto carina e simpatica e perché non andavo in Ambasciata a trovarli?
<<Se mi invitate>>, dissi, <<verrò volentieri.>>
Naturalmente non ricevetti mai alcun invito, però, dopo una settimana, mi arrivò una busta con dentro una banconota da 5 sterline, inviata da qualcuno in Ambasciata come compenso. Una miseria perfino nel 1972.
Ovviamente la rimandai indietro, offesa dalla volgarità di quel gesto.
Non so, mandatemi un mazzo di fiori, una scatola di cioccolatini, un semplice biglietto di ringraziamento, ma una misera banconota in una busta se la potevano tenere.
Fu tutto così volgare, così misero, così becero e così indicativo di quella che era ed è la levatura dei politici italiani.
Non mi meravigliò sapere, qualche anno dopo, che Tanassi era stato indagato e condannato per corruzione per l’affare Lockheed.
Però almeno erano tempi in cui ministri corrotti venivano indagati, condannati e banditi. Oggi c’è chi si impegola con la vendita internazionale di armi e nessuno lo tocca.


Francesca Diano

(C)2022 by Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA

4 commenti (+aggiungi il tuo?)

  1. Ilia Pedrina
    Ago 10, 2022 @ 12:29:57

    Carissima Francesca, ha portato in lettura per noi una vera squisita briosa memoria carica di competenza che esige sempre dignità e rispetto da chiunque si relazioni con te: grazie, perché anche le riflessioni interne a questa attuale commemorazione a 50 anni da quel tuo 1972 a Londra portano il segno forte di un disgusto dell’intelletto di fronte a superficialità-scandali che meriterebbero risposte adeguate. Grazie ancora, affinché il tuo coraggio si dilati in tutti noi, tuoi ammiratori da sempre.
    Ilia

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  2. Francesca
    Ago 10, 2022 @ 12:35:12

    Grazie Ila, gentile come sempre. Era un aneddoto davvero divertente, seppur dalle implicazioni miserande, che da tempo volevo raccontare.

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  3. 1322PD
    Ago 10, 2022 @ 18:31:50

    Grazie Francesca per il bellissimo ricordo che mi sono letta tutto d’un fiato, assaporando tutte le sfumature dell’evento, compresa l’emozione alla vista della famosa “Stele di Rosetta”. Sei sempre stata eccezionale. Un caro abbraccio a te e figlie 😘🍻 Luigina Bigon

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  4. Francesca
    Ago 10, 2022 @ 20:57:48

    Grazie Luigina carissima, sei troppo gentile. In effetti mi sono spesso trovata nella vita in situazioni bizzarre e con personaggi molto particolari, tipo Forrest Gump!

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