San Patrizio calpesta i demoni. Miniatura 1450 ca. British Library
La seguente poesia è parte della raccolta di James Harpur, A Vision of Comets, 1993. Narra la leggenda che San Patrizio abbia scacciato i serpenti dall’Irlanda (che, in effetti, ne è priva), agitando il suo pastorale e trafiggendoli. La leggenda ovviamente adombra la cristianizzazione dell’Irlanda e la messa al bando dell’antica religione druidica, secondo una visione messianica del Male incarnato dal Serpente. Eppure, in questo testo bellissimo, Harpur ci mette in guardia. Il Male non è scomparso dal mondo, si annida persino lì dove non dovrebbe essere, in attesa di colpire quando lo spirito tradisce la sua origine sacra, e forse, dati i tempi, questo suo testo si rivela profetico.
Come per tutte le opere di James Harpur, la traduzione in italiano è mia.
(F. D.)
MITO MODIFICATO
La serpe stava immobile, l’essenza
Di generazioni di serpi compressa
In ciascun atomo di nervi e muscoli;
Le verdi spire oleose scintillanti
Con l’asciuttezza del colore a smalto.
Il santo sereno, sangue caldo
Si piegò e versò gocce d’acqua santa
Finché come forcuto spasmo di saetta
La serpe, crocefissa, sputò e risputò fuori
Il vangelo con sibili e veleno,
Vibrando come un fioretto la lingua cieca,
Distaccata la testa dalla coda
Dal peso abnorme di solida carne.
Uscendo dalla pelle, iniziò a tremare,
E poi sfrecciò attraverso le felci
Che crepitarono come pioggia su un’inferriata viva.
Ovunque andasse i serpenti svanivano:
Lui scagliava una croce,
Loro guizzavano in tane di volpe.
Lui schioccava le dita,
Loro sgusciavano fra le crepe di lapidi.
Diceva “Abracadabra”
E loro si scioglievano diventando miraggi.
Ma mentre il santo gettava via i sandali
Le serpi si fecero strada a morsi sottoterra,
E s’incontrarono, e serpe mangiò serpe
Finché un solo serpente, pregno dei propri succhi,
Il dorso incrostato dei colli dell’Irlanda
Ristette immobile.
Ed ora sta in attesa,
S’ingrossa sotto l’esile pelle del Nuovo Testamento,
Aspettando che i santi su San Pietro
Crollino uno ad uno,
Come tante oche ritte in fila al tirassegno.
REVISED MYTH
The snake lay still, the essence
Of snake generations compressed
Into each atom of nerve and muscle;
Its oily green coils glistening
With the dryness of glazed paint.
The warm-blooded serene saint
Leant over and let drip drops of holy water
Until like a fork of lightning spasm
The snake, crucified, spat and spat
Back the gospel with hiss and venom,
Its blind tongue flickering foil-like,
Head and tail split from each other
By the great sackweight of solid flesh.
Unpeeling itself, it began to shudder,
Then rocketed through the bracken
That crackled like rain on a live rail.
Wherever he went, the snakes vanished:
He lobbed a cross.
They darted into foxholes.
He clicked his fingers,
They slipped between the cracks of gravestones.
He mouthed ‘Abracadabra’,
They melted into their own mirages.
But while the saint kicked off his sandals
The snakes chewed their way through thick earth,
And they met, and snake ate snake
Until just one serpent, sweating in its juices,
Its back crusted with the hills of Ireland,
Lay still.
And now it lies waiting,
Swelling under the thin skin of the New Testament,
Waiting for the saints on St Peter’s
To drop off, one by one,
Like stand-up ducks at a rifle range.
(C) James Harpur. Per la traduzione (C) Francesca Diano. RIPRODUZIONE RISERVATA
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