Charles Dickens e Henry Mayhew: un doppio bicentenario ignorato (in Italia).

Henry Mayhew (1812- 1887)

Charles Dickens (1812 – 1870)

Charles Dickens e Henry Mayhew nacquero entrambi a Londra ed entrambi nel 1812 ed entrambi avrebbero avuto un ruolo decisivo come scrittori nella cultura vittoriana, seppure in modo diverso.  Non solo si conoscevano, ma l’opera di Dickens fu fortemente influenzata da quella di Mayhew, anche se in Italia non lo sa nessuno.

Mayhew ebbe una vita movimentata ed avventurosa. Da ragazzo fuggì da scuola e si imbarcò su una nave diretta a Calcutta. Visse lontano dall’Inghilterra alcuni anni, tornò, divenne avvocato, iniziò a scrivere come giornalista  e fu uno dei due fondatori del gloriosissimo Punch. Scrisse romanzi di successo, commedie e articoli, ma il suo nome, famosissimo, è legato a un’opera che precorre si molto i tempi, sia per l’oggetto che per il modo in cui fu redatta. Parlo di London  Labour and the London Poor, pubblicata prima in tre volumi nel 1851 e successivamente in quattro volumi nel 1861-62,  che raccolgono  l’enorme mole di materiale pubblicato negli anni precedenti sotto forma di  articoli sul Morning Chronicle.

Come tutti sanno, le opere di Dickens costituiscono un affresco spesso terribile della Londra vittoriana.  La vita miserabile dei poveri, gli orrori delle case di lavoro o dei vicoli del West End, lo sfruttamento del lavoro minorile, l’abbrutimento, le malattie e della mancanza di ogni servizio sanitario per i diseredati, fanno a volte credere, al lettore che non possegga una conoscenza più approfondita degli strati più deprivati della società vittoriana, che Dickens abbia calcato la mano. Ma è vero l’opposto.

Dickens aveva una conoscenza diretta delle durezze di quel mondo, poiché da bambino, insieme  alla sua famiglia aveva dovuto sopportare un anno di internamento in una prigione per debitori a causa dei rovesci economici del padre.

Ma la vera fonte del materiale che Dickens usa per la sua rappresentazione di una società feroce e impietosa con i meno fortunati, è questa incredibile opera di Mayhew.

Prostituzione. Illustrazione originale del testo di Mayhew 

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Jack Black, Her Majesty’s ratcatcher. Ill. originale nel testo.

Acquistai una copia anastatica dell’opera di Mayhew quando molti anni fa vivevo a Londra e la lettura di questo testo (la cui traduzione italiana ho più volte proposto senza che alcun editore ne prendesse alcuna nota, tanto per cambiare) mi lasciò senza parole. Man mano che leggevo, ritrovavo la Londra di Dickens, i suoi personaggi, le sue atmosfere e mi permise finalmente di trovare una chiave di lettura molto più profonda dello scrittore che è tra quelli che amo di più in assoluto.  Uno scrittore il cui mondo è un abisso di cui non si distingue il fondo.

La Londra del 1840 è una megalopoli popolata da una  ricchissima alta borghesia, da una ricca media borghesia,  da una nutrita middle class, da una enorme working class e da un’ancora più enorme folla di diseredati, di disoccupati e senza fissa dimora, spesso immigrati da ogni parte d’Inghilterra e d’Europa. Londra ha già l’aspetto e i problemi di una megalopoli contemporanea.

Mayhew è forse uno dei primi veri sociologi della storia, poiché nessuno prima di lui si era messo a girare con occhio di attentissimo osservatore e cronista per le strade di una grande metropoli dell’era industriale a scrutare, interrogare, classificare e annotare con precisione maniacale i mille lavori e mestieri con cui la gente della working class e i poveracci sopravvivevano di giorno in giorno.   Spazzacamini, mendicanti, venditori di cibo, proprietari di banchi del mercato, acquaioli, lustrascarpe, prostitute, ladri, borseggiatori, truffatori, lavandaie e persino i mudlarks (gente che frugava tra i fanghi puzzolenti delle rive del Tamigi in cerca di oggetti) o quelli che raccattavano gli escrementi dei cani da vendere ai tintori di tessuti e  molto altro, sono sottoposti ad interviste (sì, proprio delle vere interviste) che poi, nel quarto volume aggiunto, concorrono a fornirgli delle rigorosissime statistiche da lui maniacalmente redatte.  Mayhew annota con rigore i gerghi usati dalle varie categorie, le espressioni tipiche, l’argot dei ladri e borsaioli, e poi le loro abitudini, gli stili di vita, i guadagni, le convinzioni religiose.

Dichiara di dividere la totalità dei poveri in tre distinte fasi della loro esistenza: quelli che lavoreranno, quelli che non possono lavorare e quelli che non lavoreranno.

Tutto annota e nulla sfugge. Ma l’aspetto davvero rivoluzionario, è che a un certo punto Mayhew ingaggia una serie di persone che vadano in giro per lui a sottoporre i suoi questionari e che istruisce rigorosamente sul metodo con cui intervistare le persone, come e quando e in che modo.

Le sue descrizioni delle scene di strada sono non raramente all’altezza di certe descrizioni dickensiane e infatti moltissimo del materiale che Dickens usa in Oliver Twist, Nichoals Nickleby, Our Mutual Friend per fare alcuni esempi è direttamente attinto da qui e ovviamente rielaborato.

Nel gran numero di articoli pubblicati in Italia per il bicentenario di Dickens, si sono scritte molte cose interessanti, ma alcune davvero superficiali e poco informate, come nell’articolo di Giuseppe Fiorentino sull’Osservatore Romano.

http://www.osservatoreromano.va/portal/dt?JSPTabContainer.setSelected=JSPTabContainer%2FDetail&last=false=&path=/news/cultura/2012/031q01-Duecento-anni-fa–il-7-febbraio-1812–nasce.html&title=Geniale%20Charles&locale=it

dove Fiorentino arriva ad affermare che Dickens non approfondisce la psicologia dei suoi caratteri, ma ne fa delle maschere in cui ci si può riconoscere (!) o che “lo scopo dei suoi romanzi non è la descrizione verista o la  denuncia sociale contingente”.  Ma davvero? Prima di fare certe affermazioni sarebbe consigliabile documentarsi meglio, sia su Dickens che sulla società vittoriana.

(C)2012 Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA

6 commenti (+aggiungi il tuo?)

  1. fernirosso
    Feb 09, 2012 @ 20:20:40

    Il quadro che tracci sembra aprire finestre anche sull’oggi, pur se molte delle attivtà di allora oggi sono scomparse. La grande offerta di manodopera a bassissimo costo che arriva, non dalle campagne, ma dalle nazioni in cui l’industrializzazione è stata rallentata (da poteri politici dittatoriali, a est, e dai bacini dell’africa e dei paesi orientali, in cui situazioni di instabilità per focolai di guerra hanno spinto a migrazioni verso occidente) e formano “i territori” intorno ai “luoghi del profitto”,sembrano ridipingere gli scenari di allora, e la miseria resta ancora una volta tutta umana per due tipi di fame: fisica e spirituale. Come dire che nei libri la storia scrive dal passato dentro l’oggi ed è già ormeggiata nei dintorni del futuro. fernanda f.

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    • Francesca
      Feb 09, 2012 @ 20:51:15

      Sì, è così, e infatti sottolineavo come la Londra di metà 800 era già una megalopoli in senso moderno, come se ne trovano, se non in Occidente, ma in Brasile, in India, in Africa, nelle quali gli slums non differiscono in alcun modo da certi quartieri degradati e pullulanti di umanità disperata della Londra vittoriana. Lì si vedeva già quali potessero essere i mali, la faccia nascosta della luna, dell’industrializzazione. Quando il nostro Mazzini viveva a Londra, mise in piedi una scuola per i figli degli immigrati italiani, che di sicuro si mescolavano alla gente che aveva attratto l’attenzione di Mayhew. Capiva che l’istruzione può opporre una difesa alla fame fisica e spirituale di cui parli.
      Proprio per questo l’opera di Mayhew è, insieme a quella di Dickens, fondamentale per due motivi: il primo è la “descrizione”, condotta con un taglio scientifico e sistematico, oltre che approfondito, di questa parte della società, il secondo è la denuncia che si avvale di quegli strumenti e che si traduce in arte, ma proprio per questo diventa ancora più tagliente e dura.
      Che io sappia, nemmeno oggi è mai stato fatto un lavoro simile a quello che fece Mayhew.

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  2. Fiorella D'Errico
    Feb 09, 2012 @ 20:28:56

    Ottima analisi filologica.

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    • Francesca
      Feb 09, 2012 @ 20:56:38

      Grazie Fiorella, in realtà è solo un breve intervento che vuole spiegare come l’incontro tra Mayhew e Dickens abbia prodotto qualcosa di unico. Mayhew, col suo occhio di cronista e di avvocato, capisce l’importanza di “documentare” un mondo che era sconosciuto alla ruling class e però da quella sfruttato. Dickens ne interpreta l’anima, la dolenza, l’orrore e, nonostante i suoi romanzi tendano in genere a un lieto fine, per tutta una serie di motivi, in realtà sembra dirci che non c’è salvezza per un mondo come questo, se non negli affetti della famiglia.

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  3. Mauro Cotone
    Lug 10, 2012 @ 20:00:07

    Gentile Francesca, ho letto le Sue osservazioni sul bicentenario di Dickens e Mayhew, e ci tengo a informarLa che ho recentemente pubblicato, con l’editore Gangemi di Roma, una traduzione (non integrale, per motivi di mole) dell’opera di Mayhew: fra traduzione, apparato critico, introduzione e appendici, mi ha portato via più di un anno di lavoro.
    Il titolo è “Il lavoro e i poveri nella Londra vittoriana”.
    Riservandomi di informarLa sulla presentazione del volume, che avverrà dopo l’estate, sarei felice di farLe avere una copia, al recapito che, se vorrà, potrà comunicarmi all’indirizzo e-mail che ho indicato sul blog.
    Con i migliori saluti
    Mauro Cotone

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    • Francesca
      Lug 11, 2012 @ 00:11:08

      Caro Mauro, sono davvero felice che un editore si sia deciso a pubblicare quest’opera immensa. Io ci ho provato negli anni a proporla ai grandi editori con cui ho collaborato, ma appunto senza suscitare alcun interesse da parte loro, così come altre grandissime opere di grandissimi autori da noi sconosciuti per la nota politica editoriale “industriale”. Come ho indicato nel mio articolo. è un testo importantissimo sia come primo esperimento sociologico, che come strumento di analisi letteraria per comprendere meglio l’era vittoriana. E mi complimento con lei perché il lavoro è davvero molto difficile, essendo il teso pieno di termini di un vero e proprio argot che non tutti sono in grado di comprendere, nemmeno più molti inglesi di oggi. Grazie.

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