IL VALORE DEL PASSATO

 

 

Che valore può avere il passato per noi? Penso che nessuno metta in dubbio che ciò che siamo oggi è la somma di tutte le nostre esperienze, avvenimenti, emozioni vissuti. Delle conoscenze che abbiamo accumulato e delle lezioni che abbiamo o non abbiamo imparato.

Eppure, rimanere ancorati al passato è come vivere in una morsa, in una gabbia che ci toglie ogni libertà, perché ci impedisce di vivere il presente. E la vita non è altro che un eterno presente.

Il tempo, come noi lo concepiamo, è solo una convenzione umana, respira solo nella dimensione dell’esistenza  che ci fa esseri che “sentono”. E l’esistere è sentire. 

Ma l’esistere è cosa dell’istante, l’Augenblick di  cui parla Goethe nel Faust. “Istante fermati. Sei bello!” dice Faust, nella sua assetata ricerca del senso della vita. Noi “esistiamo” perché in quella esperienza – e non in un’altra – percepiamo noi stessi essere. Dunque il senso è nel presente.

E allora, che valore ha o deve avere per noi il passato? Ecco, io penso che  il passato non come fardello debba intendersi, come ancora a cui rimanere attraccati e bloccati, ma il passato come serbatoio di futuro. Perché noi siamo la somma del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro. Ma non tanto, o non solo come individui, ma come umanità.

Penso all’immenso patrimonio dei miti, della tradizione orale, in cui è racchiusa, e ancora solo in minima parte esplorata, la risposta a chi noi siamo. E’ tutto lì, racchiuso nel passato e galleggiante, come un immenso universo sommerso, sul mare del tempo.

C’è un dipinto famosissimo di Paul Gauguin, “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” che dipinse nel 1897, poco tempo prima del tentativo di suicidio. E mi immagino che quel dipinto abbia significato per lui la ricerca disperata di un senso a se stesso. Forse più che una domanda sul senso collettivo dell’esistenza umana, la ricerca del significato del proprio destino, del proprio essere nel mondo.

Nessuna cultura ha mai cancellato, condannato, eliminato il passato come stiamo facendo noi. E il risultato non è la capacità di vivere nel presente. Tutt’altro. Perché il presente acquista valore solo nella prospettiva di  un passato riconoscibile, di un passato che diventa fonte e origine. Un presente svincolato da una continuità fluida diventa per forza di cose una superficie senza profondità. E l’assenza di profondità, di radici, genera angoscia.

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